Il Telegrafo del 28 novembre 1942
Quadretti di guerra

L'Eccellenza il poeta
Alto, grosso, robusto quanto mai. Lo chiamano "carro armato". Quando passa trema la terra, quando parla tremano i teli della tenda. Ma è semplice, di una semplicità quasi impossibile. E timido, rispettoso, disciplinatissimo. Siamo certi che al suo paese - dieci case piantate a pimpinnacolo in un picco dell'appennino abruzzese - quando parla colla guardia campestre si mette sugli attenti e risponde "signorsì" e "signornò".
Era vicinissimo a noi, gomito a gomito, il giorno in cui l'Eccellenza Marinetti -il sessantacinquenne poeta, che colla sua presenza al Fronte nelle fila legionarie conferma la eternità dei vent'anni - ci fu presentato dal nostro generale. E ci fu presentato, oltre quale capo del movimento futurista e quale valoroso poeta e combattente, anche come Accademico d'Italia. Il generale lo chiamò Eccellenza.
Poi Marinetti parlò. Cioè, non parlò, ma cantò la Patria, le glorie d'Italia, la certezza della Vittoria. Sulle sponde del Don, dalle labbra del Vate, si levò una canzone di tanta suggestiva bellezza, così pervasa di amor patrio e sentimento che tutti ne fummo commossi ed entusiasti. Anche il nostro "carro armato".
Alcuni giorni dopo, lui, "carro armato", preso il coraggio a due mani ci domandò: "Dicetemi, mò chillo teniente colonnello che facette lu discorso da bravo, chillo perchè è diciuto eccellenza?"
Cercammo di spiegargli che il titolo deriva dal fatto dell'esser Marinetti Accademico, e che egli è tale perchè poeta ecc. ecc. Credemmo di averlo edotto abbastanza chiaramente, quando mormorò: "Così chillo è eccellenza perchè scrive le poesie?"
"Già", rispondemmo. E non sapemmo aggiungere altro. E lui, di rimando: "E voi, voi le scrivete le poesie?"
Quel diavolo ci spinse a mentire e rispondergli come rispondemmo, non sappiamo. Ma, quasi inavvertitamente, ammettemmo: "Si, qualche volta anche noi scriviamo poesie".
"Carro armato" non chiese altro. Ma da quel giorno, ogni qualvolta lo incontriamo il suo saluto si fa sempre più rispettoso, quando ci avvicina arrosisce, parla di noi coi supoi paesani come esseri eccezionali, ed ormai ci attendiamo soltanto di vedercelo comparire davanti, piantarsi sugli attenti e, steso il braccio nel saluto romano, mormorare con voce tonante anche se un pò tremula: "Buon giorno, eccellenza..."


Il diario di un fante
"Guarda, ci disse un ufficiale del ... Fanteria il giorno successivo a quelli della battaglia, guarda un pò questo librettino, osservalo bene... E' un diario, il diario di un mio fante caduto l'altro ieri... E' tutto un poema epico!... L'ho rinvenuto poco fa tra le robe del Morto... lo manderò a sua mamma".
Sfogliammo le piccole pagine del libretto di appunti. Ogni foglietto due date. Ogni data una annotazione. Ne stralciamo qualcuna.
14 Giugno. - Finalmente domani si parte per la Russia. E' finita colla vita senza scopo!
23 Giugno. - Che viaggio lungo!... Quanto è lungo il viaggio per andare a compiere il nostro dovere!
25 Giugno. - Siamo arrivati. Ci son voluti quasi dodici giorni di treno per sentire le cannonate!
8 Luglio. - Pazzo di gioia! Domani si va in linea...
27 Luglio. - Che barba la vita di trincea!... Però preferisco la mia buca ad una villetta in Italia. Se non si combatte si ha almeno la soddisfazione di soffrire per la Patria.
10 Settembre. - Che festa! Vengono i rossi e noi li rigettiamo nel Don. Mamma, quanto sono contento!
11 Settembre. - Sono ferito ad un braccio. Anche questa è una soddisfazione che tutti non possono avere!
Poi pagine bianche. Tutte bianche, candide come l'anima dell'eroe. Sfogliammo ancora il libretto e bevemmo a quella fonte di puro entusiasmo tante e tante stille di passione patria. Poi non sapemmo contenerci e domandammo all'ufficiale del Fante: "Hai detto che manderai il diario alla mamma?... Permetti?"
Traemmo la stilografica e, con mano malferma e nella parte ancor per metà coperta dai caratteri del caduto, sotto alla data del 12 settembre, scrivemmo: Caduto per la Patria. Siate benedetta, mamma sua!

Dino Corsi