Il Telegrafo del 17 ottobre 1942
Un angolo del paradiso sovietico

Fronte Russo, ottobre
F... è un piccolo villaggio rurale a pochi chilometri dal Don. Cento case, poche più o poche meno, una bianca chiesa ortodossa dal campanile diroccato. e l'interno nudo e vuoto come una grande scatola di cartone vuotata del suo contenuto, nessuna strada, ma soltanto un intersecarsi di polverosi sentieri, or stretti tra l'una e l'altra casa, or gradatamente allargantisi fino al punto di perdersi in polverosissimi spazi, che non possono chiamarsi piazze anche se di tali sembrano avere la pretesa.
Le case, eccettuate poche costruzioni, già sedi del Partito comunista, della cooperativa e degli uffici comunali, hanno di queste soltanto il nome. Si tratta in realtà di luride capanne ad un sol piano - il terreno - costruite con fango e sterco animale impastati e ridotti a mattonelle, coperte di paglia ed esternamente quanto internamente aventi le pareti scialbate da un sottile strato di calce.
Misere abitazioni di miserissima gente condannata alla schiavitù della gleba, asili che potrebbero ben chiamarsi stalle, se non si pensasse alla inopportunità di far vivere in questi tuguri degli animali, tane brulicanti di vermi e di insetti, ed offerenti il più trsiste spettacolo della miseria materiale e dell'avvilimento morale in cui erano caduti questi esseri "redenti" dalla rivoluzione d'ottobre.
Due sole stanze per ogni abitazione. Una d'ingresso che serve anche da ripostiglio, cucina e, molto spesso, da pollaio ed ovile; l'altra, la più vasta, in funzione di camera, ove in assoluta promiscuità vivono gli assai spesso numerosi componenti della famiglia. Salvo poche eccezioni, i letti e le altre suppellettili comuni a tutte le camere da letto della gente civile mancano totalmente. Pochi laceri tappeti e vecchie pelli gettati come stracci sul terreno, privo di impiantito e quindi ricetto di animali i più schifosi, costituiscono il giaciglio della quasi totalità dei contadini russi, schiavi nei secoli della loro ignoranza e della turpitudine dei governanti.
Ad entrare in queste abitazioni, ove l'aria è sempre mefitica causa la ristrettezza degli ambienti, la mancanza di ogni sia pur rudimentale impianto igienico e la sporcizia delle cose e degli esseri, si prova un senso di repulsione vivissima ed occorrono minuti di buona volontà per adattarsi a respirare un'atmosfera nauseabondo assai più di quella alitante nei "tucul" africani.
Uscirne, da queste tane, è come liberarsi da un incubo e tornare alla luce dopo avere a lungo vissuto nell'ombra.
Fuori dalle case l'aria è un'altra. E' l'aria della campagna, colla sua luce gioconda, coi suoi profumi inconfondibili, colla festa dei colori e col brio degli uccelletti, che volteggiando in squadriglie e stormi, richiamano la nostra attenzione alla immensità del cielo, tanto bello nel suo azzurro tenue, che sfuma all'orizzonte in un cilestrino evanescente.
La campagna tutt'attorno è un rigoglio di vegetazione. Orti nei pressi delle abitazioni, distese immense di girasoli, fulgenti ai raggi dell'astro di cui seguono con instancabile deviazione il roteare nella volta celeste, campi di grano e prati e boschetti, macchie verdi nel trionfo delle dorate messi.
Gli organi ccoperativi inghiottivano il frutto del lavoro e lasciavano ai produttori le briciole del lauto pasto. Briciole consistenti negli "alimenti sociali" distribuiti in misura quantomai parca.
Diremo a mo' di esempio, limitandoci al settore più importante, quello del frumento, che una famiglia di, ammettiamo, dieci persone, producente, nella zona a cui ci riferiamo, una media annua di mille quintali di grano, riceveva quale "alimento sociale" tre chilogrammi di pane al giorno. Nulla di più, assai spesso di meno.
Sottrarre prodotti alla requisizione era pressochè impossibile, stante l'azione poliziesca svolta dalle autorità sovietiche e particolarmente in virtù di una legge, efficace quanto raffinata, che mentre sanciva gravi pene - sino a quella di morte - per i sottraenti, concedeva in premio ai delatori il totale dei generi sottratti.
Basta conoscere anche solo superficialmente l'anima slava per comprendere come questa gente, portata per natura e istinto allo spionaggio ed alla persecuzione del simile, facesse della legge un perfetto strumento atto a reprimere ogni evasione.
Ciò che si è detto per il grano valeva anche per tutti gli altri innumerevoli prodotti della zona, che affluivano ai centri cooperativi per tornare poi, sotto forma di minuzie, a chi li aveva tratti dal suolo.
Relegati nei loro miseri villaggi, costretti a vivere in sordidi tuguri, vestiti di pochi stracci, permanentemente semiaffamati e privati anche del conforto della religione, i contadini hanno per decenni costituita una inesauribile miniera di muscoli, dalla quale i governanti di Mosca traevano energie per alimentare, attraverso il lavoro terriero, le acciaierie, gli altiforni e le fabbriche di armi, in attesa di trarne carne da cannone.
La Rivoluzione d'ottobre, creatrice del governo degli operai e dei contadini, aveva promesso a questi ultimi la terra. E la promessa è stata mantenuta ogni oltre aspettativa. Il "mugik" ebbe ieri la terra, sulla quale star curvo ad irrorarla di sudore; ha oggi la terra, sotto la quale dorme il sonno eterno, all'ombra della stella rossa che non da luce a nessuna delle infinite tombe dei soldati sovietici.

Dino Corsi