Il Telegrafo del 29 luglio 1938
Dal Goggiam alla Piazza del Campo
Mescenti, giugno.
Verde dal germoglio primaverile, assolato, ridente, con visioni quasi di paesaggio toscano, il Goggiam - la piu' ricca e meno nota Regione dell'Impero e' apparsa alle camicie nere senesi quale zona ideale per trascorrervi il mungo e non facile periodo delle grandi piogge.
E le stesse piogge, cadendo soltanto di notte, fanno si' che anche la minaccia degli elementi sia, se non sventabile, almeno da attenuarsi: il bel sole del giorno asciuga il terreno, lo risana e fa crescere a vista d'occhio la gia' rigogiosa vegetazione della zona; consente lo svolgersi di tutte le ordinarie occupazioni ed, infine, procura un senso di benessere ai legionari, che abbronzandosi le carni ai cocenti raggi, preservano i corpi da quelli che potrebbero essere gli effetti dell'umidita' notturna.
Per quasi un mese - dal giorno della partenza dall'Ambaciara ad oggi - i militi hanno sognato la terra goggiantina e hanno vissuto con negli occhi la visione di Mescenti e nel cuore la speranza di poter presto raggiungere la nuova destinazione.
Non presto com'era nei desideri di tutti, ma comunque il battaglione ha preso possesso dei fortini assegnatigli a presidio e sta gia' alacremente lavorando per la definitva messa a punto di quella che e' e sara' per mesi la residenza delle Camicie Nere della "Valanga".
Su un pianoro sopraelevato, dominante una valle, bagnato dalle acque di un placido torrente, e tutta una distesa di pianure recinte da cerchia di colline, il settore fortificato - sede dei reparti - sorge in localita' quanto mai adatta ad ospitare truppe.
A poche diecine di metri dai fortini e' una sorgente ricchissima di fresca ed ottima acqua, qua e la' appezzamenti di terreno coltivato ad orto, portano, oltre ad una nota prettamente nostrana, l'impressione di cio' che i legionari potranno tra non molto trarre dal suolo per il milgioramento del proprio rancio; uno spazioso forno, costruito dal Genio, consente una perfetta panificazione; e tutto un impianto, sia pur rudimentale, dei depositi e servizi lascia presagire che, anche quando - tra non molto - le comunicazioni con i grandi centri si renderanno pressoche' impossibili a causa della pioggia, la vita del Battaglione procedera' regolare in ogni senso.
Oltre cio' che abbiamo esposto, vi e' un altro fattore - forse il piu' importante - che rende gradita la permanenza a Mescenti. Il luogo e' "simpatico", veramente simpatico.
Un po' per le traversie vissute prima di giungervi, che hanno aciuto in tutti il desiderio di presto vedere e conoscere la nuova localita'; un po' per tutto il bene che di questa e' stato sempre detto: molto per quel senso di spontanea simpatia per alcune cose che, inspiegabilmente, nasce improvviso nella massa. Il fatto e' che Mescenti ha, si puo' dire, conquistato il cuore della truppa e fatto si' che il periodo da trascorrere nel nuovo campo - il peggiore periodo della permanenza in Africa, per cio' che riguarda le condizioni climatiche - si presenti alle menti di tutti come cosa facilmente superabile.
Il morale dei Reparti e' ottimo; le condizioni di salute sono generalmente buone; percio' si guarda con serenita' all'avvenire e ci si accinge alle prove del futuro con consapevole giocondita' e spensieratezza.
Si lavora alla costruzione di baracche, ad opere militari, a faccende di abbellimento. Si monta la guardia alla notte sotto lo scrosciare della pioggia. Ci si merita il "Bravo!" del Comando di Presidio - come e' avvenuto alle camicie nere della seconda compagnia che ieri, in una particolarmente difficile e delicata circostanza - hanno, a fianco dei reparti indigeni, dato prova, oltre che di fede e disciplina, anche di valore, tenendo alto il prestigio della Milizia e quello della citta' nostra.
Ci si rende utili alla Patria servendo con abnegazione il Duce. e tutto cio' col sorriso sulle labbra e con negli animi la intima, grande soddisfazione derivanet dal compimento del dovere.
Cosi' i legionari del 97.o hanno iniziato il loro nuovo periodo di vita africana. Cosi' le camicie nere senesi fanno onore, attuandolo, al motto mussoliniano: "Credere, obbedire, combattere".
Ultime fasi di un lungo viaggio
A Gorgora' S.E. Teruzzi - la' giunto per presenziare all'inaugurazione deň faro eretto sulla "Vetta Mussolini" - ammiro', compiacendosene, il perfetto inquadramento dell'unita' legionaria senese ed ebbe parole di elogio per Comandanti e gregari. Partendo il Ministro, si ebbe il saluto alla voce dei militi che, nell'occasione, vollero gridare la loro ferma volonta' e ripetere la promessa di essere pronti a tutto per la grandezza dell'Impero.
Promessa, quest'ultima, sempre mantenuta. Anche quando una punta di nostalgia si figgeva nel cuore, anche quando le motobarche della flotta del Tana, levando le ancore, allontanavano vieppiu' dalla Patria e dagli affetti la gioventu', costituente il carico delle imbarcazioni.
Abbiamo, in altra occasione, gia' sufficientemente scritto su quella che fu la prima traversata del Tana effettuata da una flottiglia di barche a motore e, quindi, tornare oggi sull'argomento sarebbe ripetere cose gia' note. Ma e' pero' bello ricordare con quanta allegria, con quanta tranquillita' e con che gioconda animo i legionari si portarono da Gorgora' all'estremita' meridionale del lago, nella baia di Bahar Dar. E' bello dire ancora dell'entusiasmo che regno' sovrano a bordo durante il primo viaggio e nei due che seguirono per il trasporto di tutto il battaglione. E' bello infine poter dire ai senesi - e poterlo dire cosi' pubblicamente - che i loro concittadini e comprovinciali, pur lontani cinquemila chilometri, onorano con i fatti il nome di Siena e fanno nascere ovunque ondate di spontanea simpatia ed ammirazione per la citta' della Balzana.
Cosi' a Gondar come ad Amba Ciara, a Gorgora' come a Bahar Dar.
Dino Corsi
(continua)