Il Telegrafo del 9 settembre 1938
Mentre volge al termine il compito della "Valanga"
Mescenti (Goggiam), settembre
Quasi un anno, ormai, e' trascorso da quando le vie di Siena si animarono al passaggio delle centurie e dei plotoni delle fiamme nere del 97.o Battaglione CC. NN. Centinaia e centinaia di grigio verde portarono per oltre una settimana un'ondata di virile entusiasmo nelle contrade della vecchia fiera, citta' ghibellina: la mobilitazione della "Valanga", si svolgeva in una atmosfera di comprensione spontanea, di disciplina fascista e di volonta' combattiva. Anche Siena - finalmente - aveva avuto l'onore tanto ambito di schierare la sua formazione legionaria agli ordini del Duce; anche il nome della citta' che all'Impresa Imperiale ed alla guerra antibolscevica aveva dati i suoi figli migliori poteva rifulgere ad essere simboleggiato nella sua unita' guerriera sorta tra le sue mura.
Primi fra tutti a comprendere l'onore derivante dalla fiducia del Duce nel 97.o furono coloro che a questo onore e per questi si videro prescelti: i legionari. E partirono, i militi, con nell'animo il proponimento di non demeritare mai la fiducia in loro riposta e di meritarsi con le opere e con i fatti l'onore, di servire in armi la Patria fascista.
In silenzio i reparti lasciarono Siena. Tutto nella citta', semiaddormentata in quel mattino di settembre, sembrava tacere. Solo le scarpe chiodate dei fanti di Mussolini, scandenti sul lastricato un ritmo di forza, turbavano la tranquillita' di Siena che, insolitamente aveva quel giorno sembrar aver dimenticato la sua tradizionale gentilezza.
E dai cuori di partenti, animati da una commozione senza pari, sorgeva spontaneo un canto di gioia, di speranza e di fiero orgoglio. Quel canto che, contenuto ieri, sgorghera' domani quando la citta' nostra andra' incontro ai suoi figli con tutte le sue bandiere spiegate, con il profumo dei suoi fiori, il radioso sorriso delle sue donne e con il grande cuore aperto alla gioventu' tornante dalle ontane terre del nuovo Impero.
Si approssima il giorno in cui la "Valanga", ultimato il suo compito, fara' ritorno a Siena; e' vicina l'ora nella quale i quadrati reparti sfileranno - superbi del dovere compiuto - per quelle strade tanto e tanto sognate, ma mai rimpiante, nei duri giorni della fatica.
La "Valanga", dopo un anno di servizio, sta per rientrare in sede. Tornera' il battaglione e sventolera' al bel sole di Siena il nero gagliardetto che ha conosciute le brezze africane, che ha sventolato sulle ambe e che in terra d'Africa ha portato in alto il nome della citta' della Vergine.
Nell'imminenza delle giornate del rimpatrio riteniamo opportuno succintamente rifare la storia del Battaglione senese e dire attraverso quali tappe la "Valanga" e' pervenuta alla meta che gia' si profila davanti agli sguardi ansiosi dei legionari: il territorio della Patria.
Le tappe
Rievocare i precedenti della partecipazione senese alla campagna imperiale sarebbe inutile. I concittadini che, in ogni tempo, hanno veduto nella legione della Milizia Volontaria la continuatrice delle tradizioni eroiche dello squadrismo senese, sanno quanto e quale sia stato il contributo dato dalla 97.a alle compagne volute dal Regime per l'affermazione nel mondo della nuova, romana realta' imperiale. Riconquista della Libia, guerra italo-etiopica e azione in Spagna.
In ogni tempo la legione senese si e' dimostrata "fedelissima" tra le fedeli legioni nere; per ultimo quando la "Valanga", dopo un breve periodo addestrativo, pose piede sul suolo africano ed inizio' la fatica che doveva portare alla consacrazione ufficiale della fede, dello spirito e della volonta' guerriera dei legionari della "Balzana".
A Gondar, ove le camicie nere del 97.o giunsero nell'ottobre dello scorso anno, la "Valanga" ebbe modo di dare una prima incancellabile prova di operosita' e dedizione alla Causa.
Mentre a notte, sfidando le tenebre e la minaccia di un terreno infido, le pattuglie volontarie di legionari e le vedette avanzate rappresentavano ragione di sicurezza per la zona assegnata al presidio del 97.o, durante le ore diurne, sotto i cocenti raggi solari, si lavorava indefessamente alla costruzione di quelle cerchia di fortificazioni che a Gondar, oggi e sempre, sono e saranno, oltre che documentazione di laboriosita' e potenza italica, la dimostrazione dell'opera del Battaglione che, per primo reparto organico composto di gente del senese, ha portato nella terra dell'Impero il nome di Siena.
Costruiti i fortini ne fu iniziato il presidio. E dalle alture - o ve alle notte gli spalti erano presidiati dai vigili militi - scesero le camicie nere per tutta una serie di servizi piu' o meno delicati, piu' o meno gravosi, piu' o meno pericolosi. Guardia di depositi di viveri, di granaglie e carburanti; lavori manuali di ogni genere; plotoni e squadre inviati in distaccamento in zone allora non completamente sicure; servizi di scorta alle autocolonne dirette a Gorgora' sul Tana, prima, verso il Goggiam ai gaudi del Nilo, poi. E su questi servizi di scorta, che hanno costuita forse la maggiore attivita' del periodo trascorso dal Battaglione a Gondar, conviene parlare un po' a lungo.
Per quasi cinque mesi si e' viaggiato in lungo e in largo attraverso la regione del Tana. Un plotone - 45 uomini - per ogni colonna, e di colonne ne partivano in media tre alla settimana, incaricato di un servizio che si protraeva normalmente per cinque, molto spesso per sei o sette e talvolta anche per dieci giorni.
Due furono le caratteristiche di questi servizi: viveri a secco e riposo all'addiaccio. Galletta e scatoletta per intere settimane; nottate su nottate trascorse sotto il cielo stellato, con per letto la terra e per guanciale una cassetta munizioni. Viaggi veloci eo lenti su piste appena tracciate, attraverso guadi di fiumi e torrenti ove solo le braccia e il sudore della fronte potevano molto sovente aver ragione degli ostacoli. E in tutti una commovente gara di volonta'. Ognuno dei legionari, instancabilmente, viaggiava, tornava al campo e via di nuovo verso l'altura di Debra Tabari; in direzione del bassopiano al forte di Celga'; lungo la piana di Guramba in corsa veloce incontro all'azzurro Tana; per le steppe sterminate attraverso boscaglie e corsi d'acqua sulla via del Nilo e del Goggiam.
Le zone attraversate erano, allora, soggette alle operazioni di polizia coloniale. Si operava contro gli ultimi ribelli politici che bande di predoni; eredita', questa dei predoni, lasciata dall'impero negussita e oggi, grazie alle armi italiane, non significante che il ricordo di tempi non belli che furono.
Gara di volonta'
Effettuare i servizi di scorta in certe zone, militarmente denominate "di operazioni" fu, a suo tempo, una ragione di orgoglio per i legionari della "Valanga".
E come abbiam detto, una gara si svolse tra reparto e reparto, tra uomo e uomo. Ognuno tendeva ad accumulare giorni e settimane trascorsi "di scorta"; era un vanto aver preso parte a dieci colonne anziche' a nove; i sacrifici, le fatiche, talvolta anche la fame non contavano. Le camicie nere erano tutte pervase dal desiderio di "operare" e nessuno nascondeva la speranza - che era in tutti gli animi - di incontrarsi oggi e domani con il nemico, di osare, di combattere, di vincere anche a costo della vita. E questa fu la grande manifestazione di spirito combattivo dato dal Battaglione senese.
Inoltre le "scorte" servirono, con il duro regime di vita al quale furono costretti gli uomini, a dare la dimostrazione di quelle che fossero le condizioni fisiche della "Valanga". NUlla, ne' gli strapazzi ne' le privazioni, ne' le notti bianche ne' i non rari stringimenti di cintura, ne' gli stenuanti viaggi ne' le paludi sulle sponde del Nilo, nulla, insomma, piego' la forte fibra del 97.o. Rari, rarissimi anzi, i casi di malaria; pochi ed insignificanti quelli di altri morbi caratteristicamente coloniali. Zero, zero completo, la mortalita'. Cosi' anche dal lato fisico la "Valanga" pote' dare la prova della sua forza, coesione e possibilita'.
Temprati ormai a tutto, alle opere di guerra e di pace, al lavoro e all'opera militare, erano i legionari quando un ordine improvviso porto' il Battaglione nella semisconosciuta regione del Belesa, ad Amba Ciara. Ancora una volta l'entusiasmo la vinse su tutti gli altri sentimenti. I canti, che nel pomeriggio di aprile coprirono e vinsero anche il rombo dei motori degli autocarri, dissero quale era lo stato d'animo degli uomini che, lieti del nuovo duro compito loro affidato, iniziavano la marcia verso la cittadella che doveva in seguito chiamarsi "Siena d'Etiopia".
In altre occasioni abbiamo gia' estesamente scritto in merito alla permanenza del Battaglione nel Belesa; abbiam poi descritte le fasi drammatiche dello spostamento verso il Goggiam; recentemente, dalla stessa localita' da dove oggi inviamo, abbiamo detto dell'arrivo e della permanenza a Mescenti percio' sarebbe vano dilungarsi su argomenti gia' noti, su fatti gia' ampiamenti descritti e illustrati.
Preferiamo sorvolare detti argomenti e volgere in vece lo sguardo a quelle che, in succinto, sono state le tappe della campagna africana dei legionari senesi.
Sbarco a Massua, arrivo a Gondar, permanenza nella capitale amarica, "scorte", trasferimento ad Amba Ciara, partenza per il Goggiam, giornate dure di viaggio, Gorgora', il Tana, Bahar Dar, Mescenti...Un anno...gioia, dolori; fatiche, ore libere di riposo; marce, sieste; pericolo, tranquillita'; e lavoro, lavoro, e lavoro...E' vita! Vita bella di uomini e da uomini; vita di italiani dell'anno sedicesimo.
Soddisfazione, oggi, per il dovere compiuto; oblio completo per le fatiche e le privazioni di ieri.
L'opera della "Valanga" volge al termine. Tra cinque giorni le acque del Tana saranno ancora solcate dalla gioventu' senese, e sulla distesa preziona del lago si eleveranno i canti giocondi di 600 legionari e garriranno tutte le bandiere, i gagliardetti e le "fiamme" dell'unita' bianco-nera.
Gli autocarri, carichi di forza e di entusiasmo, percorreranno veloci le strade dell'Impero e giungeranno, tra breve, a MAssaua, al posto che e' oggi un desiato punto di partenza come fu un anno fa di arrivo. Sul Mar Rosso il sole africano dara' l'ultima abbronzatura ai volti dei militi e poi, il Mediterraneo si schiudera' libero e "nostro" alla vista delle camicie nere. Piu' in la' sara' l'Italia, la Patria; piu' in la' saranno Siena, tutte le citta' e paesi e campagne del senese; piu' la' saranno le famiglie, le mamme, i figli, le fidanzate, i parenti, gli amici...Piu' la', oltre l'azzurro di quel mare che e' il sangue della Penisola, sara' la gioia del ritorno: meritata la gioia quanto prossimo il ritorno.
Nell'attesa, gioconda e serena, il Battaglione continua l'opera iniziata da tempo: sentinella del Regime nel Goggiam, fattore di sicurezza ed esempio di laboriosita' nella piu' ricca e piu' selvaggia regione dell'Impero, la "Valanga", come sempre pronta e fattiva, attende l'ora della partenza. E con il lavoro, con le armi, con la fede, incide sulle petraie del Goggiam ed eterna nella storia dell'Impero il nome di Siena.
Dino Corsi