Il Telegrafo del 24 ottobre 1937
Dal verde dei Colli Senesi all'azzurro del Mare Nostro
Dino Corsi, caro e generoso camerata, riprende su queste colonne la sua collaborazione di legionario intrepido. Il pubblico della nostra cronaca che lo ha seguito durante le sue belle corrispondenze dal teatro della guerra italo-etiopica, avra' ancora una volta modo di apprezzare il suo stile vigoroso e l'appassionato slancio di questo senese di buon sangue.
In navigazione, ottobre.
Confusa con le prime ombre della notte nascente, abbiam veduta Siena la sera della nostra partenza da Montalcino. L'abbiamo salutata, la nostra citta', cantando le canzoni dell'amore e dell'attaccamento ad essa. Lontana, Siena bella ha risposto al nostro saluto accendendo i suoi lumi, che, cosi' lontani, ci sono sembrati fiaccolate festanti.
Poi, in un nembo di polvere, la colonna e' partita; Siena, lontana sempre piu', e' scomparsa ai nostri sguardi e, forse, nella sua placida beatitudine, si e' addormentata senza un pensiero per tanti dei suoi figli portati verso l'ignoto.
Ma in molte case, in varii palazzi, animi buoni di gente del nostro popolo hanno, nell'ora del crepuscolo precursore la grande avventura, avuto fremiti di orgoglio per i cari partenti e piu' di una bocca ha sussurrato a fior di labbra una ardente e invocante preghiera. A questa gente - famigliari, amici, camerati di tutte le epoche guerriere e rivoluzionarie, alla parte buona, sana, fascista realmente, insomma, del nostro popolo - giunga oggi, dall'immensita' dell'azzurro Mediterraneo, il saluto commosso dei legionari della "Valanga".
E vada il fremente saluto delle camicie nere senesi alla gentile Montalcino, alla entusiasta Torrenieri - ove abbiamo vissuto le ore indimenticabili precedenti la definitiva partenza dal territorio senese - a tutti gli abitanti i paesi della provincia, che ci hanno salutato al nostro passaggio, ed infine, ai Gerarchi cittadini, venuti, con gentile pensiero, a porgerci l'augurio cameratesco e l'arrivederci fraterno.
Torrenieri - Napoli - Cagliari
Una corsa veloce nella notte: allegria nelle tradotte, giocondo echeggiare di cantate, libazioni piu' o meno moderate, spensieratezza, letizia, menefreghismo generale. E Napoli e' raggiunta in un balzo, quasi senza avvedersene. Poche ore di sosta nel porto, poi l'imbarco e la partenza.
S.E. Russo ci porta il saluto del Duce, un gruppo di fedeli amici e camerati senesi quello di Siena, ora piu' che mai nostra, ora piu' che sempre bella.
Salpiamo. E nel solatio pomeriggio autunnale il golfo incantato ci libera dal suo ardente, liquido, luminoso abbraccio.
Prendiamo contatto con la vita di bordo. Gli esperti - i reduci, cioe', dell'A.O.I. e dell'O.M.S. - fanno da maestri ai novellini. E' una gara di insegnamento e di volonta' di apprendere. Prima di notte tutto e' in ordine nel piroscafo che ci ospita. Ognuno ha preso possesso della cabina, della cuccetta, delle stoviglie per il rancio e di quant'altro forma l'alloggio e il corredo del soldato a bordo.
Dopo il rancio la truppa si riversa sui ponti e nei corridoi. Ognuno dei battaglioni, componenti l'umano, virile, entusiasta carico del piroscafo, ha gia' il suo luogo di riunione. E ci ritroviamo, noi della "Valanga", ci stringiamo intorno ai nostri comandanti e tutti - di Siena o di Poggibonsi, di Colle o di Abbadia, di Torrenieri o di Montepulciano, di San Gemignano o di Chiusi - facciamo cio' che fanno sempre i senesi, specialmente i soldati senesi: cantiamo.
E cantiamo quella strofetta, assurda, se si vuole nella sua prima parte, ma tanto bella per noi, che e' un inno di amore alla citta' dei sogni:
"Nella Piazza del Campo ci nasce la verbena
"Viva la nostra Siena, viva la nostra Siena..."
Data la stura alle canzoni, non si finirebbe piu' se la stanchezza del viaggio e il peso di una notte bianca non portassero a piu' miti consigli. E si va a riposare.
La nuova alba sorge che gia' in lontananza si profilano le montagne della forte Sardegna. Giungiamo a Cagliari poco dopo mezzogiorno. Abbiamo costeggiato per piu' ore l'isola degli eroi e, entrando in porto, ci si rivela davanti in tutta la sua grandezza l'animo di queste oscure genti sarde, tanto fedeli, tanto amorosamente, quasi fanaticamente attaccate alla Patria.
Imbarcano i camerati del battaglione cagliaritano. E tutto il popolo e' sul molo a salutare i suoi figli. Mai ai nostri occhi tanta manifestazione di entusiasmo, mai - nemmeno nelle giornate della vigilia imperiale e in quelle che seguirono la conquista - la folla ci aveva cosi' impressionato, cosi' strette nelle spire dell'ardente patriottismo; mai, insomma, una partenza o un arrivo ci avevano fatto fremere di emozione come frememmo nel porto di Cagliari, nell'assistere all'imbarco delle camicie nere sarde.
Dal ponte del piroscafo, mentre presi dall'entusiasmo osservavamo le scene, realmente indescrivibili, che si svolgevano sotto i nostri occhi attoniti, ripensavamo alla nostra oscura, silente partenza da Siena. Ed una fitta ci colpi' al cuore. Soffrimmo. Non per noi - che non cerchiamo onori - ma per Siena che, in un mattino di settembre sembro' aver obliato tutte le sue tradizioni di gentilezza ed amore...
Sul Mare Nostro
Lasciata la Sardegna, fu una delusione. Senza dirlo, senza rivelarlo, ognuno di noi intuiva nell'animo una grande speranza. Ciascuno si era tracciata per il viaggio una rotta ideale e tutte le rotte convergevano alla stessa meta.
Il desiderio di combattere, di vendicare i camerati caduti, di debellare il nemico del Fascismo, ci faceva volgere gli sguardi verso ovest... Invece - gli ordini non si discutono - la rotta fu un'altra. Un momento, pochi momenti di sbigottimento, un rimpianto e poi l'adattamento all'esigenza, la rassegnazione e, lentamente, il rifiorire di nuove speranze, la rivelazione di altri desideri.
Ci e' stato detto che qualunque sia la destinazione il compito nostro sara' duro. Cio e' quello che piu' preme. La "Valanga" e' pronta a tutto, non chiede altro e di meglio che dimostrare con i fatti la sua capacita' di adattamento a tutte le esigenze. E domani - lo sentiamo - sapra' far parlare di se'.
Lasciata alle spalle, con le prime speranze, la terra che tanto sognavamo poter calpestare, navighiamo sul Mediterraneo. Una festa di sole e di azzurro ci rallegra il viaggio.
A bordo tutto fila alla perfezione. Buon umore e salute non mancano a nessuno, l'allegria ci e' indivisibile compagna, le fede non ci abbandona ma si rafforza invece con il nostro piu' allontanarsi dal suolo della Patria.
E si naviga, legione della speranza, verso l'ignoto avvenire. Si naviga, nel mare imperiale, verso quei lidi che vedranno le nere formazioni volontarie, marciare impavide, superare ogni ostacolo e vincere tutti i nemici.
Il gagliardetto del battaglione, baciato dal sole, sventola a prua. E' una fiamma che illumina i cuori, che li riscalda, che li eccita. E la sacra fiamma, sempre piu' ardente, sventolera' domani, alla brezza della vittoria, per dimostrare ancora una volta che i figli della "Balzana" sanno tirare dritto.
Dino Corsi