"Li lasciamo con quei pochi stracci che hanno addosso, tutto il resto è nostra preda. Dapprima catturiamo gli uomini, poi gli animali, le pecore, le capre, le vacche, il pollame che ce n'è tanto! Poi andiamo a saccheggiare le case e ci prendiamo tutto quello che possiamo portarci sulle spalle, infine concludiamo la pagliacciata appiccando il fuoco alle case; ma noi delle compagnie mortai non abbiam fortuna perchè stiamo sempre dietro e ci resta poco.
[...]
Provo un rimorso a vedere questi miseri bambini che piangono. Poveri bambini, sono rimasti nudi, senza pane, me ne dispiace, ma qui ci sono i militi fascisti che non si fermano davanti a nulla, sono come la grandine [...]
Fonte:
Giacomo Scotti, "Bono taliano", Milano 1977, pag. 54
[dalla lettera di un soldato della 15.a compagnia mortai da 81 della divisione Bergamo, che il 25 novembre scrisse in una lettera al padre in provincia di Mantova]
"In quel paese non c'erano mai state truppe italiane, e penso che ci desiderassero perchè non ci conoscevano. Non che i nostri soldati non abbiano delle grandi virtù; ne hanno da regalare a tutti i soldati del mondo; ma hanno un grande difetto che, come tutti i difetti, affiora prima che gli stranieri abbiano potuto conoscerne ed apprezzarne le virtù: il soldato italiano non solo fa piazza pulita nei campi e nei pollai dei nemici, ma non rispetta neppure quelli degli amici.
Ora, chi conosce quanto è geloso il contadino della sua proprietà e pensa che, dove passano i nostri soldati, passan le cavallette, capirà come, dovunque ci facciamo vedere, ci facciamo odiare. Inutile dire al soldato: «Non toccare! Non vedi che la proprietà la rispettano i ribelli? E se noi non la rispettiamo, questa gente finirà per preferire loro a noi» ; il soldato non capisce o, se capisce, non se ne cura.
L'altro giorno, un ufficiale superiore, vedendo un caporale artigliere (non del nostro reggimento) tirarsi dietro un maiale, gridava indignato: 'Queste sono azioni da malandrini: ti degrado'.
Tanto sdegno mi aveva consolato, perchè pensavo che le ladrerie, se non cessate, sarebbero almeno diminuite.
Ma ecco che ieri, senza una ragione al mondo, dava mano libe-ra ai soldati di portar via quello che volessero. Dico senza ragione, perchè, anche se i soldati non avevano ricevuto il rancio, poteva, d'autorità, far requisire, pagandola a spese dello Stato, quanta roba voleva, evitando così di scatenare lo spirito di rapina dei singoli.
Invece, dopo averlo scatenato, ci sguazzava dentro, fino a scoppiare dalle risa vedendo dar la caccia alle galline sotto gli occhi delle massaie che, per paura di peggio, si limitavano ad implorare, dicendo che avevano già portato via tutto i ribelli."
Fonte:
P. Brignoli, "Santa Messa per i miei fucilati", Milano 1973, pagg. 79-80.
[dalle memorie del cappellano militare della divisione Granatieri, che dal settembre al novembre 1942 condivise con le compagnie del 97° battaglione le settimane d'impiego nel corso dell'operazione Dinara]
"Quando usciamo, cara sorella, dobbiamo fare lunghe marce, sapessi quanti chilometri abbiamo dovuto fare ieri per arrivare sul posto dove abbiamo fatto il rastrellamento, sessanta chilometri.
Questi comunisti li prendiamo mentre dormono, li disarmiamo e portiamo via; abbiamo preso loro tutto il bestiame, più di mille bestie: vacche, pecore, maiali e capre e tutto il pollame, ed oggi il comandante ci ha preparato un bel rancio con tutti i polli che abbiamo rapinato per le case [..]"
Fonte:
Zbornik dokumenata Vojnoistorijskog Instituta, Belgrado 1952, pagg. 651-653.
[dalla lettera della camicia nera della 97.a compagnia mitraglieri Severino Crestini alla sorella a San Giovanni d'Asso]