Il Selvaggio del marzo 1926
Addio del passato

UNA PIETRA SOPRA

Con questo numero il Selvaggio muore, come nacque, nel nome del fascismo e del Duce; non si deve campar di rendita nelle benemerenze del passato ne' prolungare artificialmente una funzione, che e' naturalmente finita; siamo abbastanza intelligenti per rendercene conto.
La prima battaglia per l'intransigenza e per l'estremismo ha avuto il suo epilogo; l'onore di averla ingaggiata, con disperato amore, e' nostro. La pietra aul nostro passato segna una tappa gloriosa nel centro del Fascismo. Abbiamo fatto il nostro dovere. Il Selvaggio e' nella storia.


UNITA', DISCIPLINA, ELEVAZIONE

Gli episodi politici, o pseudo politici, i loro sviluppi e le loro vicende, non ci interessano piu'; abbiamo conquistato una visione unitaria, storica del Fascismo, e consideriamo la disciplina come un mezzo nobilissimo per superare le contingenze locali e particolari in vista del prodotto totale, della "sintesi storica" di tutto il movimento, dagli innumerevoli aspetti, fascista. Noi sentiamo bene che oggi non e' permesso a chiunque fare della politica. Col Fascismo, la politica e' arte di Governo, non di partito. Col Fascismo, i partiti non hanno diritto di esistere. E' veramente una rinnovazione, una elevazione della vita pubblica italiana, gia' sgualdrinella "abbordabile" da tutti, e oggi espressione politica perfetta, severa, esemplare della nuova coscienza della stirpe.


SALVATICO E' COLUI CHE SI SALVA

Occorre salvarsi dalla grettezze, dalla banalita', dalle miserie, dal ridicolo di ua politica spicciola - a base di cricche, congiurette, combinazioncelle, ecc. - e' tradire il Fascismo, e' distoglier noi stessi come cervelli pensanti dal grande travaglio costruttivo e volitivo della Rivoluzione.
Ci siamo gia' salvati dai pericoli del dubbio, del combattimento; ora occorre salvarsi dalla politica.


ARTE

Non c'e' che l'arte. L'arte e' l'espressione suprema dell'intelligenza d'una stirpe. Una rivoluzione e' anzitutto e soprattutto un atteggiamento e un orientaento dell'intelligenza. Dunque dalle rivoluzioni artistiche noi avremo l'indice del valore d'una rivoluzione. - Il discorso del Duce alla Mostra del Novecento conferma tale concetto: esso ha pesato in modo decisivo nella crisi del Selvaggio, il cui atteggiamento aveva gia' tutti i caratteri d'una manifestazione artistica; sicche' nessuno pote' meravigliarsi dell'avere il Selvaggio chiuso il suo pensare squadristico ed eletto a compito d'una sua nuova vita la coltivazione dell'arte.


L'ARABA FENICE

Cosi' che il Selvaggio fara' come l'Araba Fenice: dalle sue ceneri - che in questo lugubre numero offriamo agli amici e ai lettori - rinascera' con un amore piu' puro, padrone di orizzonti piu' vasti.
Sara' un giornale buffo, fiorentino e senese, bizzarro e talvolta misterioso (Anche quel che e' misterioso ha un suo fascino; quindi perche' non fare i misteriosi?) Una mostra personale interna, diretta, sincera d'artisti, di scrittori e di "irrequieti". Una passegiata di uomini intelligenti e vivi. Almanacco, cabala, indovinala grillo, sesto caio baccelli, libro dei sogni: tutto questo insieme ma sopra ogni altra cosa freschezza, salute, volonta' di vivere, di conquistare e di creare.


I BUFFONI DI MUSSOLINI

In un certo senso - onorevolissimo - e quando ce ne venga il ghiribizzo, noi cercheremo di far divertire Mussolini. Abbiamo spesso considerato che il fascismo non ha, oggi, manifestazioni d'allegria. I suoi giornali umoristici fanno piangere. I giornali politici son quasi sempre lugubri. Il Fascismo non sa ridere, ci stringe il cuore. La politica che non sa ridere non fa per noi. Eppure il riso e' una manifestazione di forza e di giovinezza, e nessuno riuscira' a persuaderci di soffocare certi istintivi slanci di pazza allegria che la coscienza della nostra potenza, del nostro vigore, provoca naturalmente.
Noi vogliamo servire Mussolini in letizia ed egli sara' piu' contento di noi, e delle nostre bizzarrie e dei nostri scherzi che di tanti illustri signori, idrofobi, inaciditi, irosi e gretti, i quali fanno della politica la cosa piu' triste del mondo.


UNA FURTIVA LACRIMA

Ma intanto, prima di finire l'atto di morte del nostro Selvaggio, lasciate, o amici, che versiamo la furtiva lacrima di rito al pensiero del manganello e soprattutto di quelle teste che avrebbe dovuto spaccare , e che non spacco'.
Riasciugheremo il ciglio e scacceremo la malinconia, ninfa gentile, ma tutte le volte che penseremo al magico sugo di bosco e alle sue mirabilie, un sospiro incontenibili ci sfuggira' dal petto, e non troveremo altro sollievo se non nella certezza che "sa nuocere piu' la penna che la spada".

Mino Maccari